I Lingotti di Oricalco di Gela, tra scienza e mito. Video

Tra il 2014 e il 2017, nel mare di Gela, il subacqueo Francesco Cassarino, sotto la supervisione del compianto archeologo e professore universitario Sebastiano Tusa, ha recuperato circa 80 lingotti di oricalco. Analisi spettroscopiche, indagini chimiche e isotopiche, rivelano che i lingotti sono composti da una lega di rame (circa 80%) e zinco (circa 20%) con minime tracce di nichel, piombo e ferro. La produzione sembra risalire al VI secolo a.C. Ed è qui che nasce il problema: lo zinco metallico era praticamente sconosciuto fino al medioevo e la produzione su larga scala avvenne solo nel XVIII secolo. Come avrebbero potuto gli artigiani del VI secolo a.C. realizzare una lega così raffinata, con percentuali di zinco elevate e stabili? Per molti studiosi l’oricalco è semplicemente una lega romana, ma in realtà non può essere per diversi motivi. Innanzitutto, come detto, lo zinco puro è stato isolato solo in epoca molto più tarda. I romani conoscevano il minerale di zinco ma non lo sapevano estrarre né controllare come metallo in sé. Inoltre, l’ottone romano conteneva in genere tra il 5-10% di zinco, mai oltre.

I lingotti di Gela invece contengono il 20% di zinco, una composizione più moderna, difficile se non impossibile da ottenere con tecniche antiche. Se l’oricalco fosse stato un prodotto romano, ne avremmo trovato in più siti e in grandi quantità, ma non ce n’è traccia. Anche Plinio il Vecchio ne ha parlato, ma lo descrive come un materiale raro e mitologico e, molto prezioso (secondo solo all’oro), non come una lega artificiale diffusa. Dunque, quale può essere la spiegazione? La datazione errata o la presenza nel mediterraneo di una civiltà tecnologicamente molto avanzata di cui ne ignoriamo l’esistenza? Il filosofo Platone descrive Atlantide come un’isola ricca di oricalco, usato per rivestire colonne, mura e pavimenti. Dopo la presunta scomparsa di Atlantide, l’oricalco divenne un metallo leggendario, simbolo di un’età perduta e di una civiltà superiore. A tal proposito, vi consiglio di leggere un mio precedente articolo: “Platone aveva ragione”, nel quale spiego che Atlantide non si trovava nel mediterraneo, bensì nell’oceano Pacifico e probabilmente la Sicilia era una delle sue colonie.

L’oricalco di Gela può rappresentare un indizio sulla reale esistenza di Atlantide o una sua colonia, credo che valga la pena andare più a fondo e, in tutti i sensi. Forse nei fondali di Gela c’è ancora tanto da scoprire ma sembra che non tutti siano disposti a mettere in discussione la storia. Concludo con la testimonianza di Francesco Cassarino, che ringrazio per la gentile collaborazione. “In riferimento alle scoperte avvenute nel mare di Gela, ho collaborato con la soprintendenza del mare per circa 12 anni, ai tempi del professore Tusa, sia come direttore regionale della soprintendenza che come assessore regionale. Alla prima scoperta, il professore Tusa venne a Gela e ci incontrammo per la prima volta. Mi raccontò la storia di Gela nell’epoca greca e in altre epoche e mi chiese se volessi collaborare con lui. Io accettai e fui autorizzato a comunicare all’autorità marittima l’immersione. Iniziai a tirare fuori tanta roba di varie epoche: un centinaio di reperti in terracotta, marmo e pietra. Ho scoperto anche tre relitti, ancore in ferro, ancore in pietra, un cannone in ferro e uno smeriglio. Ho trovato degli sponsor per due restauri, due ritrovamenti di lingotti, due elmi corinzi, quattro ancore bizantine, un grande cumulo di marmo bianco e altro materiale importante. Tusa mi disse che parte dell’Europa voleva vedere i lingotti di oricalchi. Ma nel corso della nostra collaborazione alcune persone iniziarono a buttare fango su di me. Un giorno lo chiamai per dirgli che non volevo più collaborare con lui. La sua risposta fu: se ti ritiri, finiamo tutti di lavorare, non darla vinta a quelli che parlano male, se lo fanno, vuol dire che stai lavorando bene ed è tutta invidia la loro. Io ti difenderò sempre. Quando morì, mi arrivò un avviso di indagine da parte della procura di Gela, su richiesta dell’autorità marittima. L’ho ritenuta una cosa vergognosa, sia dalla procura che non aveva nulla su di me che dell’autorità marittima. Non si può diffamare una persona che ha investito soldi, tempo, mezzi, attrezzi e dignità”. La spiegazione ufficiale del ritrovamento di Gela non è unanime e altre ipotesi, per quanto difficili da digerire, acquisiscono legittimità: Gela potrebbe essere la firma di un’antica conoscenza, tra mito e realtà.

Di seguito un video a tema: https://youtu.be/8VMD6palPVI?si=8krjZUJyU5xTKPIU
Articolo a cura dl socio ricercatore del CUFOM: Giuseppe Corcione

